— Fantastico, — dico.
— Che c’è, Mr. George, di tanto fantastico? — mi chiede Milly.
Ripongo il giornale sul ripiano della scrivania e la fisso.
— Sparizioni.
Milly si acciglia.
— Come nel caso di Big Bang?
— Oh, no... Non si tratta di ereditiere. Questa volta è povera gente a sparire. Poveracci proprio. Barboni, tipi che vivono sotto i ponti, negli alberghi popolari... Stanno sparendo.
Milly si stringe nelle spalle.
— Il mondo progredisce, la società va avanti. Non è bello?
— Potrebbe esserlo se quelli non sparissero. Invece spariscono letteralmente, capisci? Questa sera il tizio che dorme sotto il ponte va lì come al solito, come da anni a questa parte ma domani sera non ci va più.
Milly è imbronciata.
— Mr. George, ti prego... È appena finito quel brutto guaio della Pin Up e tu vorresti di nuovo cacciarti...
— Il mio fiuto, Milly. Ho sentito il campanellino d’allarme.
— Te lo concedo. Ma da dove intendi cominciare? Vuoi travestirti da barbone per vedere come fanno a sparire gli altri?
Sogghigno mefistofelico.
— No, intendo partire da qui. — Le indico un trafiletto sul giornale.
— Di che si tratta?
— Ascolta: «Domani sera nel salone dei ricevimenti, la Ditta Pronto Servizio invita tutti coloro che desiderano intervenire ad una dimostrazione di nuovi, fantastici, incredibili servitori robotici pronti ad entrare al vostro servizio. Prezzi di assoluta concorrenza. Invenzione brevettata. Una rivoluzione nel mondo della industria, la più perfetta realizzazione della scienza al servizio della massaia. Non mancate!»
— Non ci vedo il nesso, Mr. George... Inoltre mi pare che tu veda il pericolo in ogni nuova invenzione da quando...
Le sorrido.
— Cara, al momento non vedo alcun pericolo: semplicemente ho letto la notizia ed ho sentito il campanellino d’allarme. Perché non ci facciamo un salto, domani sera?
Milly sorride a sua volta.
— Certo, a patto che se il servitore mi piace tu me ne prenda uno, è andata?
— Andata, — sospiro. Milly è diabolicamente capace di sfruttare tutte le situazioni a proprio vantaggio. Per questo è la mia segretaria-fidanzata da quando siamo in fasce, per questo ho accuratamente evitato di sposarla.
La Ditta Pronto Servizio ha fatto le cose in stile e davanti al folto pubblico intervenuto la dimostrazione del nuovo tipo di Servitore è stata impeccabile. Il Servitore ha eseguito scrupolosamente ogni tipo di ordini ed ha dimostrato di essere efficiente come maggiordomo, come cameriere, come cuoco, come uomo di fatica. Nella gamma dei mestieri casalinghi non esiste migliore servitore. La dimostrazione ci ha pienamente convinti. Terminata l’esibizione del Servitore, il commentatore ha riassunto i punti più importanti.
— Si tratta di un miracolo scientifico che la Ditta Pronto Servizio ha attuato per soddisfare le esigenze di tutta la popolazione mondiale. Già le massaie dispongono di macchine automatiche con cervelli elettronici incorporati come le lavatrici, le cucine elettriche programmate e così via dicendo. Partendo da questo principio abbiamo voluto creare qualcosa di più, ovvero una macchina robotica che “governi” tutte le altre macchine. Abbiamo così creato un robot di carne sintetica, che somigliasse il più possibile all’uomo: in poche parole abbiamo creato l’ultra-robot, l’androide. Vi siamo pienamente riusciti sia nelle caratteristiche lavorative per cui è stato creato, sia nelle caratteristiche fisiologiche. È per questo che per differenziare il nostro “prodotto” da un uomo comune, gli abbiamo stampigliato sulla fronte il nostro indelebile marchio di fabbrica, la “esse” iniziale di Servitore. Fra pochi giorni i Servitori saranno posti in vendita a prezzi eccezionali: un milione l’uno, rateizzabile. Pensate: niente consumo di energia elettrica, attività garantita dieci anni. Visite di controllo settimanali assolutamente garantite che un nostro incaricato andrà a fare sul posto. Revisione totale dell’apparato una volta all’anno, garanzia valida per tutta la durata dei dieci anni! Immetteremo sul mercato Servitori cuochi, camerieri, maggiordomi, giardinieri ed anche Servitrici baby sitter! I Servitori stanno per essere posti nelle vetrine di vendita della bitta, tutti voi potrete ammirarli!
Il commentatore poi risponde ad un fuoco di fila praticamente inesauribile di domande. Resta fermo su un punto: gli scienziati e tecnici della ditta non divulgheranno gli studi e le formule con cui è stata possibile la realizzazione dei Servitori. Tutto ciò rimarrà sotto il segreto industriale essendo di proprietà privata. Non verranno ovviamente realizzati Servitori soldato.
Qualcuno vorrebbe già prenotare un Servitore ma i dirigenti della Pronto Servizio rimandano tutti al primo giorno di vendita.
Tornando verso l’uscita passiamo davanti a lunghe file di Servitori che stanno attendendo il turno di esposizione nelle vetrine. Incidentalmente ne sfioro uno, ho un temperino in mano.
— Allora, — fa Milly, — Contento?
— Abbastanza, andiamo pure cara.
Accompagno Milly a casa. Lei è euforica.
— Caro Mr. George, ti ringrazio per il Servitore che mi comprerai, ti ringrazio tanto!
Le sorrido a mia volta e le mostro il temperino.
— Ti dice niente, questo?
Lei fissa la lama sporca di sangue.
— Ne hai combinata qualcuna delle tue, vero Mr. George? Scommetto che passando vicino ad un Servitore lo hai graffiato...
— Esatto.
Lei sorride.
— Non vuol dire niente, caro. Se sono androidi ben fatti è chiaro che abbiano delle vene e del sangue o qualche sostanza che corrisponde ad esso... Inoltre perché non ha gridato quando l’hai ferito? Non affannarti a rispondere Mr. George: un robot non sente dolore.
— Già. — Ammetto. — Non sente dolore.
Getto via il temperino: la prova che ho cercato non serve a niente. Probabilmente il campanello d’allarme è suonato a vuoto, questa volta.
— Però è una bellissima invenzione. — Osservo.
— Davvero. — Fa Milly. — Un servitore mi sarà utilissimo.
Mi immergo nella guida. Stiamo percorrendo un vialone periferico di solito pieno di ragazze. Questa sera ce ne sono poche.
— Sembra che quel tipo di donne stia scomparendo dalla città. — Osservo.
Milly sorride.
— Evoluzione sociale, mio caro. Ravvedimento.
— Già, un’evoluzione che fa sparire un po’ troppa gente. Altro che ravvedimento. Ascolta Milly, — le faccio. — Ho una certa idea in testa e mi occorre il tuo aiuto...
Da dieci giorni me ne vado in giro conciato come un barbone. Anzi, per sembrare un barbone. Una vita schifosa e non succede niente. Assolutamente niente. Ho fatto amicizia con i tipi più strampalati, ho cercato di ottenere una spiegazione alle sparizioni ma non sono venuto a capo di niente. Poi, d’improvviso, quando già cominciavo a disperare, ecco che la cosa accade, di notte.
Un’auto si ferma vicino a me. Ne scendono due tipi. Mi affrontano.
— Di’, pezzente, vuoi guadagnare un centone?
— Chi devo ammazzare?
— Nessuno. Un lavoretto semplicissimo.
— Di che si tratta?
— Te lo diremo dopo. Vuoi venire con noi?
— Ho forse la faccia di uno che molla così un centone? Non vi lascio più, gente!
Salgo sulla loro macchina e comincia il viaggio. Dopo una mezz’ora ci fermiamo nei pressi di un caseggiato all’estrema periferia della città. Ci sono solo campi, attorno. Scendiamo, entriamo nell’edificio dalle mura scalcinate. All’apparenza è qualcosa di mezzo fra un’officina ed un garage.
— Per di qua, — mi fa uno dei tizi indicandomi una porticina laterale.
La imbocchiamo e scendiamo nel sottosuolo. — Dove mi portate, all’inferno? — Chiedo.
— Stai zitto.
Poi finalmente la discesa termina e percorriamo un lungo corridoio finché ci arrestiamo davanti ad una porta. Qui il cemento è fresco e tutto sa di pulito. I lavori sotterranei non sono stati fatti da molto. Non c’è dubbio, si tratta di una base segreta.
— Entra, — fa uno dei miei angeli custodi.
Entro e rimango di sale. Si tratta di un laboratorio gigantesco, in piena regola con tanto di tavolo operatorio ed un sacco di barboni e sgualdrine allineati lungo le pareti. Fermi, immobili, lo sguardo perso nel vuoto. Sul tavolo operatorio c’è una ragazza nuda, affatto male. Sulle sue labbra uno stretto bavaglio le impedisce di gridare. Vicino a lei un tizio in camice bianco con una siringa in mano attorniato da due assistenti.
— Che mi venisse... — faccio.
Il tizio che mi sta sulla destra mi punta un pistolone sul naso.
Sorrido.
— Se fai scherzi il colpo ti viene davvero.
— Scherzavo. — Cerco di sorridergli. Ho capito che del mio parere non gli interessa niente, così seguo affascinato ciò che stanno combinando sulla ragazza.
Quando il contenuto della siringa è iniettato nel suo braccio ella smette di mugolare e di divincolarsi. Scivola tranquilla nel mondo dei sogni. Allora l’uomo in camice sistema sulla sua testa una specie di casco elettronico e fa un cenno ai suoi assistenti che si portano presso una macchina sistemata presso la parete. Uno di quelli gira una manopola ed i relais scattano, i circuiti friggono. Nello stesso istante la ragazza lancia un grido mostruoso, nonostante il bavaglio. Lo fa con la gola, con gli occhi, con tutta se stessa.
Non sopporto il dolore femminile, è una cosa che mi dà ai nervi ed allora scatto. Colpisco coi gomiti i due tizi che mi stanno ai fianchi e mentre quelli si piegano li colpisco col taglio delle mani. Vanno a contare i granelli di polvere sul pavimento. Tiro fuori la spingarda e la roteo verso lo scienziato pazzo ed i suoi assistenti.
— Spiacente, ma sarà meglio per voi sospendere l’operazione.
Vista la mia aria quelli non se lo fanno ripetere due volte e spengono i circuiti di quella dannata macchina. Mi avvicino al tavolo operatorio e noto che la ragazza ha una S stampigliata sulla fronte, ancora fresca.
— Ma guarda la coincidenza! — Esclamo fissando l’uomo in camice di farmacista. — Canta amico, a che serve questo casco? Non è per la messa in piega, non è vero?
— Io...
— Canta, se vuoi gorgheggiare anche in futuro!
— È... è un casco elettronico che produce l’ipnosi cerebrale distruggendo i centri nervosi della sua personalità... Non so se puoi capire che...
— Piantala, capisco benissimo: vai avanti!
— Ecco... In poche parole il soggetto viene convinto di essere un robot... Quindi eseguiamo un’operazione di plastica facciale secondo un modello fisso in modo che tutti gli androidi si assomiglino, infine applichiamo in modo indelebile la “esse” di Servitori sulla loro fronte.
— C’è un difetto amico. Quella “esse” non significa Servitore, vuol dire Schiavo.
Ora tutto è chiaro: le sparizioni dei barboni, dei vagabondi, delle prostitute e di tutti coloro che non hanno nessuno al mondo sono opera della Ditta Pronto Servizio che dopo averli convinti di essere degli androidi ed aver mutato le loro sembianze su uno schema fisso, li immette sul mercato alla bazzecola di un milione l’uno. Inoltre i controlli settimanali, le visite mensili, possono togliere qualsiasi possibilità di pericolo che qualcuno li scopra nella loro vera identità. Infine, dopo dieci anni, quando nonostante la maschera facciale i lineamenti si alterano inevitabilmente, quei “modelli” vengono ritirati. Ed ecco perché quando ho graffiato il Servitore quello non ha urlato: è convinto di essere un robot ed i robot non sentono dolore.
— Alza le mani, fringuello!
Ci sono tre tipi sulla porta e mi tengono sotto la mira dei loro cannoni.
Mi butto a terra e sparo in rapida successione tre plop col silenziatore. Rimangono in piedi per qualche istante, come belle statuine, poi crollano.
— Ci sono altri? — Chiedo, ironico.
Faccio appena in tempo a vedere dietro le spalle il camice bianco che si muove, poi un’esplosione nel cervello mi manda nel mondo dei sogni.
Quando mi sveglio sono legato su una sedia.
— Ho mandato uno dei miei assistenti dal Presidente. Fra poco ti consegnerò nelle sue mani con una buona scorta.
— Non era il caso di disturbarsi tanto... — biascico, cercando di dominare il dolore alle tempie.
Una sberla mi fa girare la faccia verso la parete di sinistra: non c’è niente di interessante a parte una ventina di Servitori messi in fila come burattini. Evidentemente si sentono “disattivati”.
— Perché non mi fate la festa subito?
— Noi non facciamo la “festa” a nessuno, sappiti regolare! Noi rendiamo un servizio alla società poiché la liberiamo dagli avanzi di galera e reinseriamo questi ultimi in una vita organizzata e lavorativa salvandoli dalla dissoluzione!
— Dunque è una missione.
— In un certo senso sì.
Guarda cosa mi doveva capitare. Un fanatico ci mancava proprio nella mia collezione di tipi strampalati.
— Fermi tutti e mani in alto, — fa Milly stagliandosi sulla soglia. — Liberate Mr. George, subito!
Lo scienziato pazzo ed i suoi assistenti sono in oca. Mi liberano dai legami e fissano stolidamente Milly. La mia preziosa Milly che mi ha seguito sin lì, che mi ha pedinato, che è giunta a liberarmi.
— Milly, non potevi rischiare...
— Caro, non potevo rimanere lì fuori ad aspettare... Quando ho visto che dopo mezz’ora non uscivi ho fatto quello che dovevo, come eravamo d’accordo e poi sono venuta a raggiungerti.
— La tua compagnia mi fa piacere, — le dico sorridendo.
— Non so cosa farei senza di te!
— Volete accettare anche la mia compagnia? — Fa una voce antipatica.
Sulla soglia c’è un tipo grassoccio attorniato da una decina di facce da galera.
— Il presidente, scommetto.
— In persona.
— Piacere di conoscerla, stavo giusto aspettandola e...
— Meno chiacchiere e getta via la pistola, tu e la tua donna!
— Come desidera, non c’è bisogno di arrabbiarsi! Tu permetti, cara?
— Certo, Mr. George!
Buttiamo via l’armamentario e quelli ci sono addosso. Ci immobilizzano. Poi il presidente vuole sapere vita e morte e miracoli. Cerchiamo di fargli capire che il miglior detective del mondo non poteva avere dubbi nel capire il loro ingenuo giochetto ma quello continua a pensare che io sia d’accordo con qualcuno.
— Ora saprò se hai detto la verità, — fa lui. — La tua ragazza non è niente male. Che ne dici se la faccio ripassare dai miei uomini?
Sorrido.
— Dico che non conosce Milly. Sarà lei a ripassare i suoi uomini, presidente!
Chissà perché questa sera tutti devono pigliarmi a sberle. Questa volta il ceffone mi fa girare la testa verso la parete sinistra.
— Forza ragazzi, fatevi sotto! — Li incita il presidente grassottello e porcellone. Quelli non si fanno pregare. Si fanno sotto, afferrano Milly, le strappano i vestiti di dosso.
— Ehi, che fuego! — Squittisce lei. — Calma ragazzi, ce n’è per tutti! In fila, uno alla volta, senza spingere!
Quelli si smontano un poco e si mettono ordinatamente in fila come ai tempi di certe case di buona memoria.
— Che fate? — Grida il presidente, — vi fate dare gli ordini da quella sgual...
Non finisce la frase.
— Fermi tutti, in nome della legge mani in alto!
È il mio amico, il tenete Logan sulla soglia. Bello come non mai, con tanti agenti dietro e dei mitra fra le mani che non scherzano.
Sorpresi, gli uomini della Pronto Servizio gettano le armi mentre Milly si ricompone e viene a slegarmi.
— Prima di entrare qui dentro ho telefonato a Logan, — mi dice. — Eravamo d’accordo che se non ti avessi visto uscire dopo mezz’ora avrei telefonato e...
— E dovevi attendere Logan prima di entrare. — Le ricordo.
— Certo; ma non me la sentivo di restare tanto lontana da te, amore.
Ci baciamo. Ci abbracciamo. Le sue carezze sono formidabili, quasi quasi...
Qualcuno mi batte sulla spalla, è Logan.
— Ehi, dico, Mr. George...
— Oh, caro Logan, da questo momento tocca a te arrangiarti: ti consegno il presidente e tutti i suoi scagnozzi: Questa è la base dove venivano portati gli “scomparsi”. Qui venivano tramutati in Servitori ed avviati alla Ditta Pronto Servizio per essere posti in vendita. Da questo momento la mia missione è terminata.
— E di costoro, — fa Milly indicando i Servitori allineati lungo le pareti, perfettamente immobili. — Di costoro cosa ne sarà?
Sorrido.
— Niente di particolare: come sono stati convinti di essere dei robot così verranno convinti di essere uomini. Per la “esse” che hanno sulla fronte una piccola operazione di plastica risolverà tutto.
— Già, — osserva Milly. — È tutto molto semplice. Così fra poco i barboni, i vagabondi e le sgualdrine torneranno ad invadere la città...
Allargo le braccia.
— Cosa ci vuoi fare, cara... È il progresso.
Ce ne andiamo, non c’è altro da dire.

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