La banca, situata nel punto in cui la strada principale si tuffa verso il semaforo, era stata circondata dai poliziotti. Sei erano armati di pistole e sei di fucili con mirini telescopici. Gli edifici ai lati della banca e l’appartamento sopra erano stati fatti evacuare e ora erano occupati dai poliziotti. Sul retro della banca c’era un cortile cintato da un muro di mattoni rossi alto circa tre metri, con robuste porte di legno, che costituiva una barriera verso la strada. Contro questo muro era stata eretta un’impalcatura dalla quale gli agenti potevano seguire lo svolgersi degli eventi. Tre furgoni della polizia erano parcheggiati nella via principale. Di questi, uno era usato come centro radio, in un secondo i responsabili dell’operazione potevano discutere senza essere sentiti da orecchie indiscrete.
Il pubblico, piuttosto numeroso nonostante fosse sera tardi, veniva tenuto indietro e formava un semicerchio che distava circa trecento metri dalle porte esterne della banca. Le due squadre televisive avevano già fatto tutte le riprese di prammatica e ora i componenti sedevano in cerchio e giocavano a poker aspettando, speranzosi, una crisi.
Su ordine della polizia, la società dell’acqua potabile aveva tagliato i rifornimenti alla banca. La compagnia dei telefoni aveva sistemato un apparecchio nel furgoncino che veniva usato come centro per le comunicazioni.
Ai parenti degli ostaggi era stato permesso di guardare dal punto in cui il semicerchio dei curiosi, nella parte più a destra, si schiacciava e veniva interrotto dalla fila di negozi, dalla parte opposta della strada. C’era sempre un sergente in uniforme o un funzionario presente per confortarli e rassicurarli che non era e non sarebbe successo niente a nessuno, o per suggerire loro che andassero a casa ad aspettare, poiché sarebbero stati chiamati non appena fosse successo qualcosa. Pochi avevano accettato il saggio suggerimento. Gli altri, stanchi e affaticati, fissavano le porte di legno con il nome della banca oppure i tre grandi finestroni e si domandavano disperatamente che cosa stesse succedendo al di là.
Era bastato solo quel maledetto urlo, pensò Val Thomas con rinnovata amarezza. Infilò la mano in tasca e tirò fuori un pacchetto di sigarette che aveva preso a un impiegato della banca. Accese una sigaretta. Dapprima aveva dato ordine di non fumare, perché un mozzicone di sigaretta avrebbe potuto raccontare tutta una vita al poliziotto che l’avesse trovato, ma ora questa precauzione era del tutto inutile.
Un maledetto urlo, pensò di nuovo, mentre muoveva nervosamente la sigaretta fra le labbra, facendola sfregare contro l’orlo del cappuccio di nailon che gli copriva il volto. L’impiegata si era messa a urlare, e loro cinque si erano voltati di scatto per vedere chi fosse il più vicino, per farla tacere: ma in quella frazione di secondo qualcuno aveva schiacciato un campanello d’allarme nascosto. Non sapeva quale impiegato avesse fatto il furbo e, se lo avesse saputo, l’avrebbe fatto a pezzi!
Si guardò intorno. Il personale e i clienti che si trovavano in banca quando era avvenuta l’irruzione, ora erano seduti o sdraiati per terra di fronte al bancone che occupava tutta la lunghezza del salone principale. Gli uomini cominciavano ad avere un aspetto disordinato, per via della barba lunga, tranne un impiegato con gli occhiali, dall’aria piuttosto effeminata, che aveva la pelle ancora liscia. Un invertito, pensò Thomas con disprezzo. “Li uccideremo uno per uno, se non ci date le macchine per scappare”, aveva detto per telefono al funzionario. Avrebbe fatto fuori quella checca per prima. Ma poi si ricordò della risposta del funzionario: “Qualunque cosa succeda, noi non vi lasceremo scappare. Uccidete anche una sola persona, e la vostra situazione sarà molto peggiore”. Se avessero lasciato stare gli ostaggi, avrebbero avuto una dura condanna, ma la cosa sarebbe finita lì; se, invece, avessero ucciso anche un solo ostaggio e la polizia non avesse ceduto, allora avrebbero ricevuto una condanna a vita e per loro sarebbe stata la fine. La loro forza era diventata un’arma a doppio taglio.
Ma la polizia poteva rifiutarsi di negoziare, continuando così a mettere a repentaglio la vita degli ostaggi? Avrebbe avuto la forza morale di resistere alla loro minaccia di uccidere gli ostaggi? Thomas avrebbe voluto credere che non ce l’avesse, questa forza, ma recentemente la polizia aveva sbloccato parecchi assedi con ostaggi proprio rifiutandosi di negoziare, a qualunque prezzo.
I suoi pensieri assunsero una piega di ottimismo. Un morto avrebbe potuto cambiare molte cose... Gli inglesi potevano essere molto sentimentali.
E se avesse fatto saltar per aria quell’invertito, facendo volare il suo cadavere sul marciapiede, di fronte al pubblico e alle telecamere? Allora sì che avrebbe scatenato forti emozioni. Il suo ottimismo svanì. Se la polizia avesse resistito e avesse rifiutato di cedere, nonostante il morto, o i morti, alla fine ci sarebbe stata un’accusa di omicidio per tutti loro e il giudice avrebbe emesso una sentenza al cui confronto la corda al collo sarebbe stata una liberazione. Dopo dieci anni di galera, un uomo diventa scemo: gli viene la febbre da galera. La vita, in carcere, diventa normale e quella fuori anormale.
Lasciò cadere la sigaretta per terra e la schiacciò con il tacco, poi raccolse il fucile a canne mozze che aveva posato sul banco della cassa e si diresse verso il banco dell’Ufficio esteri.
Vicino a questo banco c’era un’apertura larga circa ottanta centimetri, attraverso cui si accedeva al corridoio. Si chinò sopra il banco e sganciò la catenella che teneva chiusa la porta, poi spinse il battente e passò oltre. Sulla sinistra del passaggio c’erano parecchie altre porte: l’ufficio del vicedirettore, il guardaroba degli uomini e delle donne, il magazzino, e, in fondo, ad angolo retto con le altre, si apriva la porta della carnera blindata.
Aprì l’ultima porta e discese le scale di cemento. Il grande seminterrato era diviso in due dalla camera blindata, la cui parete, rinforzata in cemento armato e munita di sensori per l’allarme, distava circa quattro metri dai piedi delle scale. La porta d’accesso alla camera blindata era di forma circolare e nel punto più spesso misurava circa quarantacinque centimetri, ed era composta da differenti strati di metalli per aumentarne la resistenza. Sull’esterno c’era la grossa ruota che azionava i chiavistelli manuali e l’orologio a tempo che faceva scattare quelli a funzionamento elettrico. Il telaio era di metallo spesso sessanta centimetri, fissato al muro di cemento armato con catene particolarmente rinforzate, e i fori per i chiavistelli si trovavano a intervalli regolari.
Ginger Chase era seduto sul tavolo dove erano ammucchiati i mazzi di banconote, nella prima parte della camera blindata. Alzò la testa e chiese: — Che cosa sta succedendo, ora?
— Niente — rispose Thomas scavalcando il gradino a mezzaluna ed entrando nella camera blindata. — Loro sono ancora fuori e noi siamo ancora dentro. — Gli passò davanti. La seconda metà della camera blindata era occupata da scaffali alti quasi un metro sui quali venivano tenuti i valori dei clienti. Gli scaffali correvano lungo tre pareti e sporgevano da ambo i lati di circa un metro e mezzo, lasciando così un passaggio di quasi due metri. Oltrepassò questo varco, si fermò in mezzo e si voltò a guardare gli scaffali. Su di questi c’erano valigie di tutte le forme e colori, casse di cartone e di legno, scatole da tè, casseforti e casse da imballaggio, molte delle quali erano legate con spago molto robusto e i nodi erano stati sigillati con la ceralacca. Dovevano esserci delle fortune lì dentro, pensò. Oro, platino, argento, diamanti, rubini, zaffiri, smeraldi, perle...
Chase era scivolato giù dal tavolo e ora si stava dirigendo verso il varco tra gli scaffali. — Così non sta succedendo niente, eh? Noi siamo dentro e loro sono fuori. Per quanto tempo dovremo starcene ancora qui con le mani in mano?
Chase si era tolto il cappuccio e Thomas fissava il suo viso deciso, dai lineamenti marcati. — Finché non avranno cambiato idea.
— E tu pensi che lo faranno?
— Penso di sì.
Chase ingoiò con rabbia la sua disapprovazione. Si voltò e ritornò al tavolo dove c’era il denaro. Per qualche motivo che non aveva mai potuto o voluto spiegarsi, e non poteva essere paura, era stato contrario all’incursione nella banca fin dall’inizio.
Raccolse un grosso pacchetto di banconote nuove, tenute insieme da una striscia di carta marrone. — Tutte da venti! — esclamò con la sua voce rauca che dava sempre l’impressione di una perenne sofferenza di gola. Sventolò il pacchetto in aria e aggiunse: — Cinquantamila sterline tutte da venti, e ora non è altro che lurida carta straccia! — Gettò le banconote sul tavolo.
Il pubblico, piuttosto numeroso nonostante fosse sera tardi, veniva tenuto indietro e formava un semicerchio che distava circa trecento metri dalle porte esterne della banca. Le due squadre televisive avevano già fatto tutte le riprese di prammatica e ora i componenti sedevano in cerchio e giocavano a poker aspettando, speranzosi, una crisi.
Su ordine della polizia, la società dell’acqua potabile aveva tagliato i rifornimenti alla banca. La compagnia dei telefoni aveva sistemato un apparecchio nel furgoncino che veniva usato come centro per le comunicazioni.
Ai parenti degli ostaggi era stato permesso di guardare dal punto in cui il semicerchio dei curiosi, nella parte più a destra, si schiacciava e veniva interrotto dalla fila di negozi, dalla parte opposta della strada. C’era sempre un sergente in uniforme o un funzionario presente per confortarli e rassicurarli che non era e non sarebbe successo niente a nessuno, o per suggerire loro che andassero a casa ad aspettare, poiché sarebbero stati chiamati non appena fosse successo qualcosa. Pochi avevano accettato il saggio suggerimento. Gli altri, stanchi e affaticati, fissavano le porte di legno con il nome della banca oppure i tre grandi finestroni e si domandavano disperatamente che cosa stesse succedendo al di là.
Era bastato solo quel maledetto urlo, pensò Val Thomas con rinnovata amarezza. Infilò la mano in tasca e tirò fuori un pacchetto di sigarette che aveva preso a un impiegato della banca. Accese una sigaretta. Dapprima aveva dato ordine di non fumare, perché un mozzicone di sigaretta avrebbe potuto raccontare tutta una vita al poliziotto che l’avesse trovato, ma ora questa precauzione era del tutto inutile.
Un maledetto urlo, pensò di nuovo, mentre muoveva nervosamente la sigaretta fra le labbra, facendola sfregare contro l’orlo del cappuccio di nailon che gli copriva il volto. L’impiegata si era messa a urlare, e loro cinque si erano voltati di scatto per vedere chi fosse il più vicino, per farla tacere: ma in quella frazione di secondo qualcuno aveva schiacciato un campanello d’allarme nascosto. Non sapeva quale impiegato avesse fatto il furbo e, se lo avesse saputo, l’avrebbe fatto a pezzi!
Si guardò intorno. Il personale e i clienti che si trovavano in banca quando era avvenuta l’irruzione, ora erano seduti o sdraiati per terra di fronte al bancone che occupava tutta la lunghezza del salone principale. Gli uomini cominciavano ad avere un aspetto disordinato, per via della barba lunga, tranne un impiegato con gli occhiali, dall’aria piuttosto effeminata, che aveva la pelle ancora liscia. Un invertito, pensò Thomas con disprezzo. “Li uccideremo uno per uno, se non ci date le macchine per scappare”, aveva detto per telefono al funzionario. Avrebbe fatto fuori quella checca per prima. Ma poi si ricordò della risposta del funzionario: “Qualunque cosa succeda, noi non vi lasceremo scappare. Uccidete anche una sola persona, e la vostra situazione sarà molto peggiore”. Se avessero lasciato stare gli ostaggi, avrebbero avuto una dura condanna, ma la cosa sarebbe finita lì; se, invece, avessero ucciso anche un solo ostaggio e la polizia non avesse ceduto, allora avrebbero ricevuto una condanna a vita e per loro sarebbe stata la fine. La loro forza era diventata un’arma a doppio taglio.
Ma la polizia poteva rifiutarsi di negoziare, continuando così a mettere a repentaglio la vita degli ostaggi? Avrebbe avuto la forza morale di resistere alla loro minaccia di uccidere gli ostaggi? Thomas avrebbe voluto credere che non ce l’avesse, questa forza, ma recentemente la polizia aveva sbloccato parecchi assedi con ostaggi proprio rifiutandosi di negoziare, a qualunque prezzo.
I suoi pensieri assunsero una piega di ottimismo. Un morto avrebbe potuto cambiare molte cose... Gli inglesi potevano essere molto sentimentali.
E se avesse fatto saltar per aria quell’invertito, facendo volare il suo cadavere sul marciapiede, di fronte al pubblico e alle telecamere? Allora sì che avrebbe scatenato forti emozioni. Il suo ottimismo svanì. Se la polizia avesse resistito e avesse rifiutato di cedere, nonostante il morto, o i morti, alla fine ci sarebbe stata un’accusa di omicidio per tutti loro e il giudice avrebbe emesso una sentenza al cui confronto la corda al collo sarebbe stata una liberazione. Dopo dieci anni di galera, un uomo diventa scemo: gli viene la febbre da galera. La vita, in carcere, diventa normale e quella fuori anormale.
Lasciò cadere la sigaretta per terra e la schiacciò con il tacco, poi raccolse il fucile a canne mozze che aveva posato sul banco della cassa e si diresse verso il banco dell’Ufficio esteri.
Vicino a questo banco c’era un’apertura larga circa ottanta centimetri, attraverso cui si accedeva al corridoio. Si chinò sopra il banco e sganciò la catenella che teneva chiusa la porta, poi spinse il battente e passò oltre. Sulla sinistra del passaggio c’erano parecchie altre porte: l’ufficio del vicedirettore, il guardaroba degli uomini e delle donne, il magazzino, e, in fondo, ad angolo retto con le altre, si apriva la porta della carnera blindata.
Aprì l’ultima porta e discese le scale di cemento. Il grande seminterrato era diviso in due dalla camera blindata, la cui parete, rinforzata in cemento armato e munita di sensori per l’allarme, distava circa quattro metri dai piedi delle scale. La porta d’accesso alla camera blindata era di forma circolare e nel punto più spesso misurava circa quarantacinque centimetri, ed era composta da differenti strati di metalli per aumentarne la resistenza. Sull’esterno c’era la grossa ruota che azionava i chiavistelli manuali e l’orologio a tempo che faceva scattare quelli a funzionamento elettrico. Il telaio era di metallo spesso sessanta centimetri, fissato al muro di cemento armato con catene particolarmente rinforzate, e i fori per i chiavistelli si trovavano a intervalli regolari.
Ginger Chase era seduto sul tavolo dove erano ammucchiati i mazzi di banconote, nella prima parte della camera blindata. Alzò la testa e chiese: — Che cosa sta succedendo, ora?
— Niente — rispose Thomas scavalcando il gradino a mezzaluna ed entrando nella camera blindata. — Loro sono ancora fuori e noi siamo ancora dentro. — Gli passò davanti. La seconda metà della camera blindata era occupata da scaffali alti quasi un metro sui quali venivano tenuti i valori dei clienti. Gli scaffali correvano lungo tre pareti e sporgevano da ambo i lati di circa un metro e mezzo, lasciando così un passaggio di quasi due metri. Oltrepassò questo varco, si fermò in mezzo e si voltò a guardare gli scaffali. Su di questi c’erano valigie di tutte le forme e colori, casse di cartone e di legno, scatole da tè, casseforti e casse da imballaggio, molte delle quali erano legate con spago molto robusto e i nodi erano stati sigillati con la ceralacca. Dovevano esserci delle fortune lì dentro, pensò. Oro, platino, argento, diamanti, rubini, zaffiri, smeraldi, perle...
Chase era scivolato giù dal tavolo e ora si stava dirigendo verso il varco tra gli scaffali. — Così non sta succedendo niente, eh? Noi siamo dentro e loro sono fuori. Per quanto tempo dovremo starcene ancora qui con le mani in mano?
Chase si era tolto il cappuccio e Thomas fissava il suo viso deciso, dai lineamenti marcati. — Finché non avranno cambiato idea.
— E tu pensi che lo faranno?
— Penso di sì.
Chase ingoiò con rabbia la sua disapprovazione. Si voltò e ritornò al tavolo dove c’era il denaro. Per qualche motivo che non aveva mai potuto o voluto spiegarsi, e non poteva essere paura, era stato contrario all’incursione nella banca fin dall’inizio.
Raccolse un grosso pacchetto di banconote nuove, tenute insieme da una striscia di carta marrone. — Tutte da venti! — esclamò con la sua voce rauca che dava sempre l’impressione di una perenne sofferenza di gola. Sventolò il pacchetto in aria e aggiunse: — Cinquantamila sterline tutte da venti, e ora non è altro che lurida carta straccia! — Gettò le banconote sul tavolo.
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