— Sarei lieto di averti a cena a casa mia, questa sera, caro John. Sono solo; mia moglie è partita per una breve vacanza, e un po’ di compagnia mi sarebbe gradita. Verrai?
Mister John Dearden avrebbe volentieri rifiutato l’invito, ma il suo rifiuto avrebbe potuto insospettire James Havelock, considerando la vecchia amicizia che univa i due uomini. È imbarazzante dover trascorrere la serata a quattr’occhi con l’amico al quale si è riusciti a portar via la moglie, ma John non riuscì a trovare una scusa valida per rifiutare l’invito, e si decise ad accettare, sebbene in fondo alla sua coscienza sentisse qualcosa che somigliava molto al rimorso.
Daisy, la bella moglie di James, gli era piaciuta fin dal primo giorno in cui l’aveva conosciuta. Ad onor del vero, dobbiamo dire che per molto tempo aveva cercato di reprimere i suoi sentimenti, e di comportarsi con lei secondo le convenienze, con i modi corretti dell’intimo amico di famiglia. Poi non era stato più capace di resistere, né di allontanarsi come sarebbe stato opportuno; e poiché Daisy, dopo due anni di matrimonio, aveva lasciato comprendere, servendosi dei mille mezzi che una bella donna ha a sua disposizione, che un po’ di corte non le sarebbe stata sgradita, aveva cominciato a circuirla. La donna aveva resistito per un certo tempo, quanto bastava per salvare la forma, e poi aveva ceduto. La faccenda durava ormai da sei mesi, e James sembrava non essersi accorto di nulla. Ma John viveva in continuo orgasmo, poiché conosceva a fondo l’amico e lo sapeva capace di reagire violentemente se si fosse accorto del tradimento.
Alle otto precise, John suonò alla porta di casa del suo amico Higgins, il perfetto maggiordomo lo introdusse nella stanza da pranzo, dove la tavola era apparecchiata per due persone. Un bel fuoco scoppiettava nel caminetto, e l’atmosfera era calda e accogliente. I bicchieri di cristallo e le posate d’argento scintillavano sulla tavola.
James raggiunse subito il suo amico, e la sua accoglienza fu delle più cordiali. Un ottimo Martini precedé l’inizio del pasto. La cucina di casa Havelock era molto raffinata. Una cuoca francese presiedeva ai misteri della cucina, con l’austerità di una sacerdotessa conscia dei suoi doveri.
Higgins serviva a tavola, muovendosi silenzioso come un fantasma, cambiando i piatti e versando i vini nei bicchieri. I due commensali discorrevano del più e del meno, fino a quando, come succede sempre quando due uomini sono soli, il discorso cadde sulle donne. E a un certo punto, come John temeva, venne toccato il tasto più delicato: quello dei tradimenti.
— Che faresti tu, John — chiese James, attaccando una sogliola al burro — se tua moglie ti tradisse?
John si sforzò di ridere.
— È un problema che non mi sono mai posto, dato che sono ancora scapolo. Ma credo che non ne farei un dramma. La scaccerei di casa, oppure me ne andrei io.
James prese un bicchiere colmo di vino bianco, lo guardò per qualche istante controluce, ne bevve un buon sorso, si asciugò delicatamente la bocca col tovagliolo e poi riprese
— No, mio caro. Io non mi comporterei così. C’è un solo castigo per chi tradisce: la morte.
— Intendi dire che saresti capace di uccidere il colpevole?
— Non il colpevole; la colpevole. Non si tratta di solidarietà maschile, credimi. Ma il mio punto di vista è che la colpa è sempre e unicamente della donna. L’uomo ha tutte le scusanti. Cacciatore per natura e per istinto, l’uomo ha il diritto, e dirò quasi il dovere, di tentare. Sta alla donna resistere e non venire meno all’impegno di fedeltà assunto verso l’uomo che l’ha sposata.
— Sei molto severo, James. Dovresti per lo meno considerare colpevoli tutti e due alla stessa stregua.
— Forse sì. Ma la traditrice sarebbe lei, e dovrebbe sopportarne le conseguenze, pagando con la vita. A lui basterebbe il rimorso di aver provocato un dramma. Non ti sembra sufficiente?
— Non sono buon giudice in materia. Manco di esperienza, come ti ho detto, non essendo sposato.
— Devo confessarti che ho pensato molte volte a questa eventualità. Mi sono sorpreso spesso a fantasticare sulla cosa, ed ho perfino fatto un piano, che non esiterei a mettere in atto se la spiacevole probabilità dovesse verificarsi.
— Credo che tu possa essere sicuro di Daisy — disse John — Non mi pare la donna capace di tradire.
Riuscì a dare alla sua voce il tono più naturale possibile ma la cosa gli costò un notevole sforzo.
— Con le donne non si può mai sapere — fece James, sorridendo — Ora ti dirò come mi comporterei se la cosa si verificasse. Ho scelto una forma di morte molto rapida e pulita: la sedia elettrica.
— La sedia elettrica?
— Precisamente. È facilissimo costruirsene una in casa. Naturalmente occorre una sedia. Una di queste solide e pesanti sedie di noce, dalla spalliera alta, andrebbe benissimo. Basterebbe fissare i piedi in quattro piccoli fori scavati nel pavimento per renderla inamovibile. Non occorre un muratore per far questo. Come ambiente, una cantina sarebbe perfetta. I cavi della corrente ad alta tensione che alimenta gli ascensori passano appunto attraverso le cantine. C’è un interruttore generale che permette di togliere la corrente per riparare eventuali guasti. Far una derivazione è cosa facilissima. Per i due elettrodi la cosa è ancora più semplice. Un vecchio elmetto (tutti ne abbiamo uno, sia per aver fatto la guerra, sia per essere appartenuti alla difesa civile) va benissimo per la testa. Basta saldarvi uno dei cavi. Il sottogola lo terrebbe a posto. L’altro andrebbe fissato ad una fascetta metallica avvolta intorno a una caviglia. Una striscia di latta sarebbe ottima. Alcune robuste cinghie per tenere la colpevole ben ferma sulla sedia, e non occorrerebbe altro. Basterebbe chiudere l’interruttore e “zac”, giustizia è fatta! Che ne dici? Non è geniale?
Il viso di John aveva assunto un’espressione tale che James scoppiò in una risata, sicché un boccone gli andò per traverso. Gli ci volle un buon bicchiere di vino per rimediare.
— Ti ho impressionato, caspita! Non sapevo che tu fossi così sensibile! Ora dirai che ho il gusto del macabro, non è vero? Be’, prendiamo un buon caffè, che ne dici? Vuoi suonare per Higgins? Il bottone del campanello è accanto a te.
Macchinalmente, James premette il bottone.
— Non ti ho detto ancora tutto — riprese James. — Un’opera così artistica merita un tocco finale, un tocco da maestro. Io preparerei tutto come ti ho detto, e poi inviterei a cena l’uomo, il complice. Non mi sarebbe difficile, a un certo punto, con una scusa qualsiasi, indurlo a premere un pulsante e far così scattare, per mezzo di un relais, l’interruttore che chiuderebbe il circuito e darebbe luogo alla diciamo così, esecuzione... Ma cos’hai?
John, pallidissimo, gli occhi sbarrati, guardava James, senza riuscire a proferir parola. Poi crollò a terra; il suo cuore non aveva retto all’emozione improvvisa.
La porta si aprì e Higgins, impeccabile come sempre, entrò con il vassoio sul quale fumavano due tazze di caffè.

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