venerdì 31 ottobre 2025

Luciano De Crescenzo - Il Dubbio

PRIMO CAPITOLO




Le grandi domande

«Credi in Dio?».
«Certo che ci credo».
«Ma ci credi proprio per davvero?».
«Per davvero».
«E non hai mai dubitato, nemmeno una volta, per un attimo solo?».
«In che senso?».
«Nel senso che ti è venuto, non richiesto, un pensierino del tipo: "E se
poi non c'è nulla? E se tutto si conclude con la morte, e chi si è visto, si è
visto?"».
«Oddio, certo che mi è capitato, come a tutti credo. Però uno poi ci
ragiona su, e si riconvince di nuovo».
«Oppure dubita ancora di più. Posso farti una domanda alquanto
difficile?».
«Falla pure».
«Quanti anni hai?».
«Venti, lo sai benissimo».
«E quanti anni ancora credi di poter vivere?».
«Ma che razza di domanda è questa? Cosa vuoi che ne sappia! Ne potrei
vivere ottanta come nessuno. Non vedo, però, che c'entri tutto questo con
l'esistenza di Dio».
«C'entra, c'entra. Dimmi piuttosto: quanto tempo è necessario perché
passino ottant'anni?».
«Beh, ovviamente ottant'anni».
«Ne sei proprio sicuro?».
«O bella: ottant'anni non possono che durare ottant'anni. Mi sembra
ovvio».
«E invece non è ovvio proprio per niente: ottant'anni a volte possono
durare pochissimo, altre volte non finire mai. Come vedi il concetto di
tempo è altrettanto imprecisabile del concetto di Dio. La pretesa di capire
il tempo è di un'ambizione sovrumana: un po' come la pretesa di capire
Dio».
«Ma che vuol dire capire il tempo?».
«Vuol dire capire il Prima, l'Adesso e il Dopo».
«Fammi un esempio del Prima».
«Dov'eri prima di nascere?».
«Non lo so».
«E dove andrai dopo morto?».
«Io spero in paradiso».
«E com'è che sei così sicuro sul Dopo e non mi sai dire niente sul
Prima?».
«E l'Adesso?».
«Quello poi è il più difficile di tutti!».
Questi erano i dialoghi, parola più parola meno, che facevamo da
ragazzi, dopo aver mangiato una pizza in trattoria e bevuto una birra, e
questi sono i dialoghi che facciamo adesso, tra amici, in un ristorante di
lusso, mangiando spaghetti all'astice e bevendo vini pregiati. Sono
cambiate solo due cose: il costo della cena, che è aumentato, e il numero
degli anni che ci restano da vivere, che è diminuito. Le grandi domande,
invece, sono sempre le stesse e come farfalle notturne continuano a volarci
intorno, in particolar modo la sera, dopo cena. Invano cerchi di cacciarle
via: si allontanano solo di poco per poi riaffacciarsi, silenziose e insistenti
più di prima.
In questo libriccino, di grandi domande ne abbiamo solo tre a cui
trovare, se non proprio una risposta, quanto meno un tentativo di risposta.
Sono domande che hanno affascinato da sempre gli uomini di pensiero.
Domanda numero uno: è il Caso o il Destino a governare il mondo?
Domanda numero due: che cos'è il Tempo?
Domanda numero tre: che cos'è lo Spazio?
Come vedete, sono tutti temi fra loro adiacenti, nel senso che ciascuno di
essi, prima o poi, finisce con l'invadere il campo dell'altro.
Anni fa ho visto un film di Peter Weir, molto suggestivo, intitolato
Picnic a Hanging Rock, dove veniva raccontato lo sconfinamento di tre
studentesse in un mondo con dimensioni diverse. Un liceo australiano
decide un bel giorno di fare una gita scolastica nei pressi di un
promontorio solitario chiamato Hanging Rock. Alcune ragazze si
allontanano e, dopo essersi infilate in un anfratto oscuro, scompaiono per
sempre. Una delle insegnanti si metterà alla loro ricerca e farà la stessa
fine. Inutilmente la gente del paese le cercherà per giorni e giorni tra i
crepacci e la vegetazione del posto: di loro si perderà ogni traccia, perfino i
corpi non verranno più trovati. Dopo qualche giorno, però, ecco
ricomparire all'improvviso una delle ragazze: è illesa, un po' strattonata
magari, ma senza alcun segno di violenza addosso. Tutti le si fanno
intorno, tutti le chiedono cosa sia successo, ma lei non risponde, o per
meglio dire, non riesce a raccontare niente di quello che le è accaduto.
L'ipotesi è che le quattro donne abbiano varcato la soglia di un mondo
diverso; un mondo senza spazio né tempo, e con dimensioni a noi
sconosciute. Ma perché l'unica superstite non ce lo descrive? Per la
semplice ragione che non trova le parole per farlo. D'altra parte, provate
voi a immaginare di dover raccontare a un uomo, nato cieco, che cosa sia il
verde o il giallo, e quali differenze ci siano tra questi due colori. È
praticamente impossibile.
Eppure questi mondi diversi potrebbero esistere sul serio: io me li
immagino come immensi buchi neri che ci attendono avidi e ben nascosti
dietro gli angoli della nostra esistenza. Con questo, per amor di Dio, non
voglio dire che non credo nell'aldilà cristiano, ma solo che mi permetto di
dubitare che l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso siano poi così elementari
e coreografici come Dante Alighieri e Gustavo Doré ci hanno voluto far
credere. Quello che è certo è che sono scollegati da noi. Come dire, non
hanno il telefono, non hanno nessuna possibilità di farci sapere qualcosa.
Gli antichi sostenevano che le anime dei defunti, per ritornare sulla
Terra, erano costrette a bere le acque del Lete, il fiume dell'oblio; sarà
anche per questo che non riesco a raccontare nulla del mio Prima, e che
posso solo farneticare sul mio Dopo. In compenso ho delle vaghe
sensazioni e a queste mi aggrappo, in mancanza di una Fede degna di
questo nome.

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